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Brother Joe, where are you now?

Il 22 dicembre 2002 moriva Joe Strummer, frontman dei Clash e grande cantautore inglese

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Pubblicato sabato 22 dicembre 2012

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“Sull’asfalto di vinile - nessuno ha più il tuo stile”. Così recita la canzone dei Negrita, “Brother Joe”, tributo al leader di una delle band più importanti della storia del rock: i Clash. Joe Strummer, all’anagrafe John Graham Mellor, morì infatti il 22 dicembre 2002, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo della musica. Ribelle, passionale, coinvolgente, sempre intento a sperimentare nuovi generi. Non fu mai banale né stanco di dire la sua, dagli anni della Thatcher fino all’inizio del terzo millennio, quando un infarto bloccò la sua energia e la sua voglia di combattere. Un eroe proletario, figlio di un funzionario del Ministero degli affari esteri britannico, Joe non voleva avere niente a che fare con la diplomazia. La sua vita era sulla strada, insieme agli artisti di diverse razze che popolavano Londra negli anni 70.

L’energia di Joe Strummer in un concerto dei Clash

Profondo ammiratore di Chuck Berry e dei Rolling Stones, decise il 3 aprile del lontano 1976 di diventare un punk rocker. Rimase, infatti, folgorato da un concerto dei Sex Pistols e volle fare suo quel movimento di rivolta che l’anno dopo avrebbe incendiato tutta l’Inghilterra. Nacquero così i Clash, che da lì a poco vennero definiti come “The only band that matters” - l’unico gruppo che conta. Se i Sex Pistols riuscirono ad accendere la miccia, i Clash mantennero quella fiamma ben accesa fino al 1982, anno del loro scioglimento. In mezzo non ci fu solo punk, ma una continua ricerca di nuovi suoni e nuove sperimentazioni, che portarono la band di Strummer ai vertici della musica mondiale. Per fare solo un esempio, l’album London Calling, uscito il 14 dicembre 1979, è l’ottavo miglior disco rock del ’900, secondo la rivista Rolling Stone, e miglior disco in assoluto degli anni ’80. E Joe ne fu il miglior interprete. Reggae, ska, jazz, rockabilly e funk: un continuo scambio di generi che Strummer desiderava far conoscere al suo pubblico, e il cui risultato influenzò centinaia di altre band.

Ma le belle storie prima o poi finiscono, e il gruppo, vittima di dissidi interni, specialmente tra Joe e l’altro chitarrista, Mick Jones, si sciolse. Strummer rimase solo e per una decina d’anni provò a fare di tutto: attore, regista e cantante solista. Alla fine degli anni ’80 collaborò con i Pogues, prima vera band irish punk. La vera rinascita si ebbe però con la formazione del gruppo “Joe Strummer & The Mescaleros” a metà degli anni ’90. Come tutti i gruppi di Strummer, anche quest’ultimo si caratterizzava per l’originalità e il desiderio di sperimentare. Arrivarono nuovi successi e apprezzamenti dalla critica. Lo strimpellatore dal viso di Peter Pan sembrava aver ritrovato la sua giusta dimensione, fino a quando, una mattina d’inverno di dieci anni fa il suo cuore lo abbandonò, facendoci rimanere tutti un po’ più soli. Aveva solo cinquant’anni.

Rimangono i testi, le musiche e le esibizioni di un personaggio fuori dal comune. Un eterno ragazzo, orgoglioso e diretto, talmente spontaneo che nel suo ultimo concerto vide tra la folla il suo vecchio compagno d’avventure, Mick Jones, e lo chiamò a suonare sul palco alcuni vecchi successi dei Clash - infischiandosene se i loro litigi avevano portato alla rottura del gruppo. Jones non se lo fece ripetere due volte e quella fu l’ultima occasione di vederli ancora insieme. Brother Joe, where are you now?

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