Giovedì 7 febbraio alle 13.40 all’interno di Eventi In Corso il giornalista, editorialista di Repubblica, racconterà il suo libro “La cotogna di Istanbul”, protagonista di un reading musicale al Rossetti di Trieste venerdì 8 febbraio.
È passato poco più di un anno da quando è stato presentato per la prima volta al Teatro Miela La cotogna di Istanbul reading musicale di Paolo Rumiz, con le musiche di Alfredo Lacosegliaz e a cura di Franco Però. Artisti che condividono – pur conservando ognuno una propria spiccata personalità – parte delle radici, lo spirito, la cultura… La loro collaborazione ha generato un esempio di teatro interessante, colto e coinvolgente, subito molto applaudito. Tanto che La cotogna di Istanbul viene riproposto, per una sola sera, al Politeama Rossetti l’8 febbraio alle 20.30.
Un teatro “a ritmo di ballata” che si richiama ai valori antichi e arcani della narrazione e del canto, delle storie che passano di bocca in bocca, e viaggiano così, magari avvolte da un affascinante senso di mistero riguardo la loro età e le loro origini…
Le esperienze nuove sono sempre piaciute al grande giornalista triestino, inviato speciale de Il Piccolo e poi editorialista de La Repubblica. Fin dagli anni Ottanta, ha seguito gli eventi dell’area balcanica e danubiana occupandosi poi in prima linea del conflitto in Croazia ed in Bosnia Erzegovina. Da Islamabad e Kabul ha invece scritto dell’attacco “Stati Uniti d’America” all’Afghanistan. Da queste e altre esperienze da inviato, e da viaggi realizzati per proprio piacere, ha tratto molti reportage giornalistici o addirittura materia per racconti e romanzi: fra cui ricordiamo almeno Danubio, storie di una nuova Europa, Vento di terra, Gerusalemme perduta, Annibale. Un viaggio.
Anche La cotogna di Istanbul evoca un viaggio. Maša Dizdarevič è una donna bellissima e selvaggia «occhio tartaro e femori lunghi» ed ha dietro di sé una storia straordinaria: a Sarajevo conosce il viennese Max Altenberg. Nella “canzone del frutto giallo” che lei una sera gli canta, è predetto il loro destino. L’amore fra i due divampa tre anni più tardi, assieme alla malattia della donna: ma è proprio il profilo cupo del futuro di Maša che sembra far vibrare la loro storia di un vento che muove anime e sensi, accende la musica e il verso, mescola lingue, strappa lacrime e sogni e procede al ritmo di ballata.
Alla fine di tutto, Max partirà per un viaggio solitario nei luoghi di lei, sulle sponde del Bosforo: un itinerario che possiede gli accenti del mito, della scoperta e della resurrezione. Una narrazione fortemente emozionante, delicata, appassionata quella di Paolo Rumiz, che ha ispirato il talento compositivo di Alfredo Lacosegliaz.
La musica in questo spettacolo non si limita infatti a scorrere accanto alla storia, ma la intreccia e la completa… Ottimo musicista e compositore per il cinema, per la televisione e per il teatro (lo ricordiamo ad esempio al fianco di Moni Ovadia), Lacosegliaz ha usato il proprio vocabolario musicale per dare vita a un universo sonoro che unisce canti apocrifi e melodie bosniache alternate a echi di valzer viennese, fino a toccare sonorità del prossimo MedioOriente, in un affresco che celebra le musicalità dell’area danubiano-balcanica attraverso suggestioni timbriche e fascinazioni linguistiche.
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