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Quando l’attore racconta se stesso

Emanuele Salce è protagonista di "Mumble Mumble" alla sala Batoli.

Di . Pubblicato in EventiInCorso

Pubblicato lunedì 27 febbraio 2012

Che accadrà nel silenzio dei camerini, proprio nel momento magico che precede l’entrata in scena? Il pubblico, quello degli appassionati di teatro, di certo se lo chiede con molta curiosità… Ci sarà una speciale concentrazione? Davvero l’attore inizierà già lì a immedesimarsi con il suo personaggio? O magari è rilassato e chiacchiera con i colleghi? O concede di corsa le ultime interviste?
Certo è che quel breve lasso d’attesa è sempre carico di tensioni. E non è affatto da escludere che – come immagina Emanuele Salce nel suo Mumble Mumble in scena alla Sala Bartoli del Teatro Stabile regionale da martedì 28 febbraio a domenica 4 marzo – un attore possa usare proprio quella strana dimensione d’attesa per rimuginare su sé stesso, sul proprio passato, sulla società a cui il suo lavoro si rivolge…

«Ci vuole l’opportunità di esser figlio d’arte di due padri – quello naturale, Luciano Salce e quello addottivo, Vittorio Gassman – che hanno lasciato un segno nello spettacolo italiano. Ci vuole un misto di grazia e faccia tosta nel volgere in racconto i due-funerali-due per la scomparsa di entrambi. E ci vuole sense of humor (venato di grottesco nostrano) che discende dal filone britannico dell’Evelyn Waugh de Il caro estinto o dell’Alan Bennet de La cerimonia del massaggio…». Nella sua lusinghiera recensione a Mumble Mumble, sulle colonne de “La Repubblica”, Rodolfo Di Giammarco condensa così gli “ingredienti” di uno spettacolo coraggioso e divertente, firmato e interpretato da Emanuele Salce. L’attore, che per la drammaturgia è affiancato da Andrea Pergolari e in scena conta sul contraltare gustoso di Paolo Giommarelli (un personaggio-spettatore ora complice, ora provocatore), in questa piéce porta in scena se stesso. Un attore che in una pausa delle prove, chiuso in camerino, si trova a fare i conti con la propria realtà, l’essere attore e uomo, funzione di una società che gli sfugge e identità ricercata e mai trovata. Lo fa fra voragini di serietà e voli di ironia, conciliando le pagine di Dostoevskij agli europei di calcio, i cerimoniali funebri paterni all’effetto di una meravigliosa bionda australiana o a quello di un dannato flacone di medicinale… Eros e Thanatos, drammatico e grottesco per raccontare e ridere di sogni incubi e ossessioni di un validissimo attore.

 

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