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I paesi in via di sviluppo battono l’Italia nei test d’inglese

La conoscenza dell'inglese non è un vanto per il nostro Paese, che si piazza penultimo in classifica

Di . Pubblicato in Mondo, News

Pubblicato venerdì 15 novembre 2013

60 paesi e 750.000 persone coinvolte. Sono questi i numeri di EF EPI, English Proficiency Index, l’indice di conoscenza della lingua inglese studiato dall’Education First. Giunto alla terza edizione, l’EF EPI ha utilizzato, per i suoi calcoli, i dati dei test di inglese eseguiti nel 2012 da 750.000 adulti. Attraverso ciò è stato possibile stilare una classifica in base alle competenze linguistiche ed osservare gli andamenti dei vari stati, in base ai dati raccolti a partire dal 2007, anno della prima edizione.

I risultati? I paesi emergenti, tra i quali nelle prime posizioni si trovano Turchia, Kazakistan, Ungheria, Indonesia e Vietnam, hanno visto un andamento crescente nella loro conoscenza della lingua inglese. Al contrario, il nostro paese è rimasto quasi fermo, con una incredibilmente piccola crescita, inferiore al 2%.

La conoscenza dell’inglese è fondamentale per l’economia di un paese: accresce l’innovazione, la comunicazione tra imprese e migliora la competitività delle figure professionali.

“Qualsiasi variazione maggiore o minore di due punti indica un significativo cambiamento nell’ambito della competenza in inglese”, spiega il sito ufficiale della ricerca. Il fatto che i paesi in via di sviluppo siano cresciuti di quasi 12 punti e l’Italia soltanto di uno, dà da pensare sulla preparazione degli italiani in una lingua che al contrario serve sempre di più nell’ambito lavorativo europeo e internazionale.

Allora qual è la situazione in Italia? Che non siano migliorati è cosa già nota. Non è tutto, tra i Paesi europei l’Italia è penultima, in 32esima posizione, superando solo la Francia e facendosi battere anche dalla Spagna, considerato uno degli Stati che di inglese si intende meno. Se consideriamo anche la Turchia, come paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea, il risultato non cambia molto ma arriviamo terzultimi.

Unica consolazione? Dei paesi che hanno visto un miglioramento minimo, l’Italia è il Paese con la percentuale “meno bassa” (sarebbe esagerato dire “più alta”) tra gli Stati immobili.

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