Da fine ottobre gli studenti bulgari stanno occupando le università per protestare contro il governo del premier Plamen Oresharski, contro la sua decisione di aumentare l’età pensionabile e il costo dei servizi sociali, inoltre chiedono maggiore trasparenza della governance.
Le proteste studentesche sono le ultime, in ordine di tempo, in un travagliato anno per la Bulgaria. Le prime manifestazioni si erano svolte a febbraio quando centinaia di cittadini erano scesi nelle strade per denunciare la corruzione della classe politica e l’alto tasso di povertà del paese, il peggiore della zona euro. Otto persone arrivarono al punto di darsi fuoco, sull’esempio del tunisino Sid Bouzid o dei monaci tibetani, e sei di questi persero la vita. Il governo di destra guidato dal primo ministro Boiko Borisov decise di dimettersi. Le successive elezioni non diedero a nessuna forza politica i numeri per governare e a maggio si insediò il governo del premier Plamen Oresharski, considerato il “Mario Monti bulgaro”: non ha un passato in politica, indipendente e governa con un appoggio bipartisan, sostenuto in parlamento dai numeri del Partito socialista, del Dsp il partito della minoranza turca (entrambi hanno 120 seggi su 240) e dall’astensione del partito ultranazionalista Ataka.
Le nuove proteste sono ricominciate il 12 giugno quando un potente imprenditore, Delyan Peevski, è stato messo a capo dell’agenzia per la sicurezza. Per i manifestanti questo è un esempio del potere e dell’influenza degli oligarchi sulla politica del paese; i cittadini sono scesi nuovamente in piazza e come a febbraio hanno voluto denunciare la corruzione della classe politica e le condizioni di povertà in cui sono costretti a vivere. “Mafia” era la parola che rimbalzava di piazza in piazza. Il 24 luglio i manifestanti hanno deciso di rivolgere la loro rabbia verso la sede del parlamento, al cui interno, quel giorno, si stava discutendo sui tagli al bilancio. La polizia ha dovuto far ricorso alla forza per consentire ad alcuni dei Ministri, dei parlamentari e dei giornalisti rimasti chiusi dentro di uscire e gli scontri hanno provocato qualche decina di feriti. Pietre e bottiglie d’acqua sono state scagliate contro il bus che li stava trasportando via, rompendo anche qualche finestrino. Gli agenti, con elmetti, scudi e manganelli hanno diviso la folla in piccoli gruppi, ma solo alle cinque di mattino sono riusciti a sgomberare definitivamente il parlamento. Il bilancio finale e’ stato di 18 persone ricoverate in ospedale, fra cui tre poliziotti.
Il 25 ottobre gli studenti si sono voluti unire alle proteste che stanno segnando il paese da febbraio e hanno prima occupato l’università Clemente di Ohrid, a Sofia, il più tra gli atenei bulgari; poi anche i loro colleghi delle Università di Medicina, la Nuova Università Bulgara (NBU), l’Accademia Nazionale di arte teatrale e cinematografica (NATFIZ), l’Università Tecnica, l’Università di Veliko Tarnovo e l’Accademia di Danza a Plovdiv hanno espresso il proprio sostegno alle azioni di protesta. “Studenti mattinieri” è il nome che gli occupanti si sono dati. Molti di questi appartengono al gruppo Voce studentesca, che già tre anni fa aveva proposto che il vecchio e corrotto consiglio degli studenti dell’università di Sofia fosse sostituito da assemblee basate sui principi della democrazia diretta e durante il precedente governo avevano partecipato alle proteste contro l’aumento delle rette. La loro parola d’ordine è “antipartitocrazia”, chiedono le dimissioni del governo di Palmen Oresharski e nell’aula 272 dell’università di Sofia, il centro nevralgico dei manifestanti, è stato appeso un grande cartello contro tutti i partiti. Dunque le loro proteste non finiranno con la cacciata dell’attuale governo ma quando il sistema partitico verrà rivoluzionato, in linea di continuità con le altre manifestazioni di protesta nel mondo; che si chiamino Occupy Wall Street o Indignados la rabbia contro la classe politica, la crisi della democrazia e il libero mercato è comune a tutti. Agli studenti si sono uniti numerosi professori che hanno voluto appoggiare le manifestazioni antigovernative.
Martedì 12 novembre Sofia ha rivissuto i fatti del 24 luglio scorso: gli “studenti mattinieri” si sono riuniti difronte al parlamento dove hanno cercato di impedire ai parlamentari riuniti all’interno di uscire facendo delle barricate con cassonetti dell’immondizia e griglie metalliche. Oggetti e bombolette sono state scagliate contro la polizia che tentava di far uscire i parlamentari dall’edificio, dopo alcuni scontri con gli agenti, verso le 22, le proteste sono terminate e gli studenti si sono ritirati nuovamente nel loro quartier generale dell’università di Sofia. Certamente le proteste continueranno nelle prossime settimane, anche perché il governo ha subito fatto sapere che non intende dimettersi per evitare che la Bulgaria piombi nel caos, civile ed economico. D’altra parte non si vede un’alternativa all’attuale situazione, almeno che non si voglia credere all’utopia della democrazia diretta, quella che vogliono gli studenti che occupano le università.
Tra le varie attività che si svolgono negli atenei occupati, all’università di Veliko Tarnovo è stata organizzata una lezione sulle rivolte del 1968 a Parigi, le manifestazioni che senza una struttura organizzativa e una previsione programmatica si è sciolta come neve al sole nell’estate di quell’anno. Spero che anche di questo si sia parlato in quella lezione, ma ne dubito data l’inclinazione decisamente antipartitica della protesta studentesca e questa caratteristica è la sua principale debolezza che la condannerà al fallimento. Un’alternativa ci sarebbe: cioè che il resto dei cittadini si unisca agli studenti, forza armate comprese. Raggiungerebbero l’obiettivo di far dimettere il governo e tutta la classe politica, ma saremmo in presenza di un atto rivoluzionario non ammesso dalla prassi democratica, tanto meno in un paese che appartiene all’Unione Europea. La democrazia si fonda sui partiti ed essi sono l’unico strumento con il quale i cittadini esprimono la loro volontà, dunque scendere in piazza chiedendo più democrazia e l’eliminazione dei partiti non è altro che una contraddizione. Lo hanno capito gli Indignados e i giovani di Gezi Park che di recente hanno costituito un partito per rendere più efficace la loro azione. All’opposto Occupy Wall Street è rimasto un movimento e si è smarrito.
Ci vorrebbe una manutenzione e un aggiornamento dei partiti, questo sì. Dovrebbero essere maggiormente inclusivi ed offrire più spazio interno per il dibattito e il confronto, ma la loro abolizione porterebbe al caos dell’anarchia oppure a un pericoloso totalitarismo. Le proteste bulgare dunque se rimarranno all’interno dei confini dell’antipolitica più intransigente non potranno che fallire.
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