Un grande classico di Oscar Wilde – definito “la più bella commedia di tutti i tempi – arriva il 19 febbraio al Politeama Rossetti . Si tratta de L’importanza di chiamarsi Ernesto, nell’allestimento di Geppy Gleijeses che figura anche fra i protagonisti assieme a Marianella Bargilli e Lucia Poli.
Ritorna a Trieste dopo tredici anni e in un allestimento nuovo e arricchito uno dei più amati classici del teatro europeo, L’importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde, nella regia di Geppy Gleijeses. In scena da mercoledì 19 a domenica 23 febbraio, lo spettacolo declina i temi dell’amore all’ironia come solo Oscar Wilde sapeva fare.
«Solo con le commedie brillanti entrò nella breve fase penultima della sua vita: il lusso e la ricchezza» affermava James Joyce in un articolo scritto in italiano per Il Piccolo della Sera di Trieste, nel 1909. Lo scrittore era morto da nove anni e Joyce ne tratteggiava l’eccentricità, ma dava atto anche del suo incredibile talento letterario e ne biasimava la fine, perseguitato, disconosciuto, abbandonato da tutti.
L’importanza di chiamarsi Ernesto rappresenta proprio l’estremo momento della gloria dell’autore, forse il più alto vertice della sua antesignana intuizione drammaturgica, e l’attimo anche della sua caduta. Messa in scena con enorme successo il 14 febbraio del 1895 a Londra la commedia fu infatti sospesa dopo sole sei repliche in seguito allo scandalo del processo contro Lord Queensberry che aveva pubblicamente tacciato Wilde di sodomia: ma teatralmente parlando, sarebbe stata l’inizio di chissà quali evoluzioni. Non a caso viene definita la più bella commedia di tutti i tempi. È leggera, surreale nei dialoghi (che Wilde voleva recitati con naturalezza), tutti splendidamente costruiti sulla satira, sul gioco di parole, sul ritmo, su un susseguirsi incredibile di paradossi.
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