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#Sulpezzo - Cosa cambia dopo le Europee

In Italia la vittoria del Partito Democratico rafforza il governo di Matteo Renzi, in Europa crescono gli euroscettici

Di . Pubblicato in Mondo, News, Politica ed Economia

Pubblicato martedì 27 maggio 2014

Il 25 maggio 2014 in Italia si è votato per la composizione del Parlamento Europeo, l’organo legislativo dell’UE che da quest’anno permetterà al partito di maggioranza di eleggere il Presidente della Commissione Europea, di fatto l’organo esecutivo dell’unione. Sia a livello nazionale che europeo ci sono state delle sorprese, a cominciare dalla crescita dei partiti euroscettici un po’ in tutto il continente, soprattutto rispetto alle elezioni di cinque anni fa. Inoltre, il malcontento è sottolineato anche da un’elevata percentuale di astensione in buona parte dei paesi europei, pur rimanendo quasi invariata nel suo totale.

Matteo Renzi, segretario del Partito Democratico e Presidente del Consiglio, lo aveva previsto: “Con me PD al 40%, con gli altri se va bene al 25%”.

In Italia. Prima di tutto c’è stato l’exploit del Partito Democratico, il quale ha oltrepassato il 40% dei voti, doppiando quasi il suo diretto concorrente - il Movimento 5 Stelle - che ha preso il 21,85%. Era dalla fine degli anni ’50 che un partito non raggiungeva un tale risultato, cioè dai tempi d’oro della Democrazia Cristiana.

A seguire i grandi delusi di Forza Italia che, avendo un Silvio Berlusconi indebolito dalla condanna definitiva per evasione fiscale, non sono riusciti a raggiungere neppure il 17% (cinque anni fa erano al 35,25%). La Lega Nord invece sorride, perché se l’anno scorso pareva morta quest’anno è riuscita a capitalizzare dove aleggiava lo scontento nei confronti della moneta unica, raggiungendo così il 6,15% (ma alle scorse europee aveva il 10,22%).

Grande delusione per il Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano (tra l’altro secondo partito al governo) il quale supera di poco la soglia del 4% valida per entrare a Strasburgo. Stessa cosa per l’Altra Europa per Tsipras. L’Italia ha a disposizione 73 seggi nel Parlamento Europeo. 32 di questi andranno al PD, 17 al M5S, 13 a FI, 5 alla Lega, 3 a NCD e a Lista Tsipras.

Cosa cambia. C’è da dire che, essendo stata la campagna elettorale quasi completamente incentrata su temi di interesse nazionale non si può prescindere dal fatto che i risultati qui esposti avranno conseguenze dirette sulla politica interna. Il PD è legittimato a governare, il M5S non può più chiedere elezioni anticipate. Allo stesso tempo, Matteo Renzi, forse l’unico artefice della vittoria, rafforza la propria posizione, anche grazie al misero risultato ottenuto dal suo compagno di governo Alfano che dovrà ridimensionare i suoi piani.

Dall’altra parte però rimane un buco elettorale non da poco, cioè quello rappresentato dall’elettorato tradizionalmente di centro destra. Berlusconi è in evidente declino e in pochi si fidano ancora della sua leadership. La grande astensione (più del 40%) nasce anche da qui, ma dovrebbe in ogni caso preoccupare anche chi da queste elezioni ne è uscito vincitore. Se tutte queste persone non sono andate a votare una ragione ci sarà, nonostante l’Italia rimanga tra i più virtuosi da questo punto di vista (in Belgio però ha votato il 90%).

Il grafico dell’Economist sulla ripartizione dei seggi di ciascun paese. Quelli in rosso sono i seggi dei partiti euroscettici.

In Europa. Negli altri paesi ci sono stati diversi cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda i partiti estremisti o euroscettici. Nel Regno Unito, ad esempio, lo UKIP, partito anti europeista guidato da Nigel Farage, è arrivato al 27,5%, il Labour di centro sinistra al 25,4%, il partito conservatore di centro destra al 23,9%, i Verdi al 7,9% e i Liberal Democratici al 6,9%. Sorprendente il fatto che lo UKIP non abbia nemmeno un deputato alla Camera dei Comuni, ma sia riuscito ad arrivare primo, oltrepassando la compagine di Cameron (primo ministro) e dei laburisti.

In Francia c’è stato il risultato più sorprendente. Le Front National di Marine Le Pen ha quasi raggiunto il 25%, divenendo il primo partito nazionale. Il Partito Socialista del presidente François Hollande è invece il grande sconfitto, poiché non è riuscito nemmeno a raggiungere il 14%, un record negativo per la storia del partito. Secondo è infine arrivato l’UMP, la destra dell’ex presidente Nicolas Sarkozy, che si è fermata a poco più del 20.

In Germania e in Spagna i partiti di centro destra attualmente al governo, rispettivamente i Cristianodemocratici di Angela Merkel e il Partito Popolare di Mariano Rajoy, rimangono in testa. In Grecia, infine, ha stravinto il partito di Alexis Tsipras di estrema sinistra che ha raggiunto quasi il 27% dei voti, superando così il partito dell’attuale governo conservatore guidato da Antonis Samaras. Tsipras ha già chiesto elezioni anticipate.

Cosa cambia. Prima di tutto bisogna sottolineare che, nonostante il malcontento generalizzato in gran parte dell’Unione Europea, le elezioni del 2014 sono state le prime che non hanno visto un calo dell’affluenza alle urne, bensì un aumento (seppur misero) dello 0,1%, raggiungendo il 43,1.

Dal punto di vista della composizione parlamentare cambia molto. Il Partito Popolare Europeo (di centro destra) rimane in testa riducendo però il suo numero di seggi a 213. È già stata infatti annunciata una presunta collaborazione con un’altra fazione anche per l’elezione del Presidente della Commissione Europea. Il Partito Socialista Europeo ne ottiene invece 190, seguito da ADLE con 64 e dai Verdi Europei con 53. Tuttavia, il cambiamento arriva dai partiti anti-europeisti, i quali se nel 2009 avevano ottenuto 56 seggi su 731, ora ne ottengono 108 su 751.

Questa trasformazione e la conferma dei malumori nei confronti delle istituzioni europee hanno convinto il Governatore della Bce, Mario Draghi, alla necessità di dare al più presto delle risposte a favore dell’economia, anche se non dovessero essere convenzionali, come ad esempio il taglio del tasso di interesse dallo 0,25% allo storico 0,15%.

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