Non ama parlare dei suoi libri quando li scrive o prima della pubblicazione. E’ una cosa, dice, che lo ha accompagnato in tutta la sua carriera. Così Alessandro Baricco non svela molto del suo ultimo lavoro, del quale riusciamo a strappargli solo il titolo, “Mr. Gwyn”, che è il nome di uno scrittore inglese, protagonista di alcune vicende, che prendono forma nella città di Londra, ma che potrebbero essere ambientati ovunque. Ma Baricco è a Pordenone soprattutto per ritirare il premio “La storia in un romanzo”, voluto da Pordenonelegge, dalla manifestazione goriziana “E’ Storia” e dalla Banca Friuladria. Così lo scrittore torinese racconta il ruolo che la storia ha avuto nei suoi romanzi, precisando però che uno scrittore deve stare attento a dosare gli elementi storici all’interno di un romanzo e che quindi spesso la cosa più difficile è la scelta delle parole, del linguaggio giusto. Lo stesso Baricco sostiene che un romanzo non è migliore se al suo interno vive la Storia, però è sicuramente una componente che lo rende in un qualche modo speciale. Speciale perché diventa un modo di testimoniare il passato attraverso il presente. Un’occasione per raccontare la storia a chi ai libri di storia non è avvezzo, ma che attraverso un romanzo può entrare a contatto con la memoria.

Così Barico in un Teatro Verdi gremito di pubblico racconta le vicende della Seconda Guerra Mondiale, quelle raccontategli da suo nonno e suo padre, quelle che sono diventate le vicende del suo “Questa storia”, edito nel 2005. La disfatta di Caporetto raccontata in un romanzo, di cui l’autore in persona ha letto alcune tra le pagine più intense, che hanno ricevuto il consenso unanime del pubblico.

Nell’incontro con la stampa poi l’autore ha parlato anche della scuola Holden, da lui fondata, come di un’importante luogo per scrittori in erba e non solo, che nei prossimi anni moltiplicherà i posti disponibili e arricchirà il suo piano di studi. Insegnare la creatività è pressoché impossibile, ma come sottolinea lo stesso Baricco, la scuola offre la possibilità di imparare quelle che sono le tecniche di scrittura, consolidate negli anni, “un po’ come un cuoco, che mette si la sua creatività, ma che necessita comunque di un corso di formazione”.

L’inviato Enrico Matzeu