Siamo andati al Teatro Verdi per la Bohème di Giacomo Puccini – ancora in scena questa sera e il pomeriggio di sabato 21 maggio.
L’ambientazione bohémienne dell’opera rispecchia incredibilmente la situazione di vita di molti giovani d’oggi, che si arrabattano allegramente per arrivare a fine mese, così una volta fuori dal teatro abbiamo chiesto ad un ragazzo del pubblico le sue impressioni sullo spettacolo. Questo è quello che ci ha raccontato.
Come hai saputo dello spettacolo?
È stato per caso. Mi hanno proposto di andare a teatro e visto che non c’ero mai stato ho colto l’occasione per fare una cosa nuova. Non avevo idea di come sarebbe stato né alcun interesse o stimolo a scoprirlo non conoscendo assolutamente niente di quel mondo.
Non eri mai stato a teatro prima di stasera?
Ho interessi diversi. Non mi piace stare seduto per ore a guardare gli altri che fanno. Sono una persona attiva e preferisco fare. E poi ho sempre pensato che il teatro fosse un po’ al di fuori del mio ambiente sociale di appartenenza, come tutte le cose per cui bisogna mettersi la camicia.
Che impressione ti ha fatto la tua “prima volta”?
Ho sentito un’attenzione crescente nei confronti di quello che succedeva sul palcoscenico. Ero sempre più concentrato, si era creata tutta un’atmosfera particolare e nuova su cui si era catalizzata tutta la mia attenzione. E quando si sono accese le luci dopo l’ultimo quadro e mi sono ritrovato fuori dal teatro mi sono sentito come se fosse appena finita un’esperienza di realtà virtuale. Come se mi fossi appena tolto l’Oculus e fossi tornato alla realtà. È stato veramente coinvolgente.
Andare a vedere un’opera lirica come primissimo spettacolo a teatro è una scelta particolare, la rifaresti?
Nella mia testa il teatro era un posto in cui gli attori recitano, cantano e ballano. Che tutti gli spettacoli fossero come i musical, insomma. Nell’opera si canta sempre, e per sottolineare un momento drammatico si usano i silenzi. Adesso vorrei vedere un musical, per vedere che effetto fa l’opposto, l’uso della musica e delle coreografie solo nei momenti cruciali della storia.
Il canto continuo è stato un po’ stancante, perché all’inizio non si capisce benissimo quello che dicono i cantanti – specialmente le donne – e si tende a concentrarsi troppo per riuscire a capire e si finisce per perdersi quello che succede sul palco.
Ci torneresti, o lo consiglieresti alle persone che conosci?
Sì. Forse per come è costruito, forse per l’atmosfera che si crea sul palcoscenico e in platea, il teatro ti avvolge, ti ipnotizza e non puoi fare a meno di perderti nella storia che viene raccontata sul palco, di immergerti completamente e farti rapire dai sentimenti dei personaggi. È una sensazione che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita.
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