Pari opportunità per il genere femminile: un “sogno” che dura ormai da 50 anni, ma che stenta ancora a vedere la luce. Tante le tappe storiche già percorse: il diritto di voto nel 1946 a guerra appena finita, o la legge sul congedo di maternità del 1950, o ancora l’abolizione del delitto d’onore nel 1981.
Nonostante i progressi fatti però, la parità sostanziale, l’uguaglianza nel mondo del lavoro, nella retribuzione, nel riconoscimento di meriti e capacità, e nell’accesso a ruoli decisionali in politica e nelle imprese, nel nostro Paese sono ancora lontane. Come se non bastasse Rossella Palomba, ricercatrice dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, ha provato a calcolare una possibile “cronologia futura” per le conquiste di genere. I risultati, contenuti nel libro Sognando parità non sono affatto incoraggianti per le donne: di questo passo, la parità tra uomini e donne nei ministeri sarà raggiunta solo nel 2037, nelle università il traguardo è ancora più lontano, essendo previsto per il 2138. Tempi ancora più lunghi per ruoli nella magistratura e per i vertici della diplomazia. Come sono stati raggiunti questi risultati? La Dottoressa lo ha spiegato in un intervista. «La mia è solamente una simulazione, non dico che le cose andranno esattamente in questo modo. Ho voluto allora provare a vedere cosa succederebbe se la situazione continuasse a svilupparsi al ritmo attuale. Nei settori in cui sono disponibili i dati, ho semplicemente applicato i ritmi di crescita dell’occupazione femminile attuali, e visto quando si arriverà ad una rappresentanza del 50%». Proprio in base a questo sembra che noi donne dovremmo aspettare ancora centinaia di anni per la parità nei settori in cui siamo ancora in minoranza. Aspettare non basta! Bisogna intervenire, è la stessa Palomba ad affermarlo: «Nei settori in cui esiste la meritocrazia, la bravura permette di entrare, ma poi non vale più. I criteri per salire di grado, per acquistare potere decisionale, sono altri, come la “vicinanza” ai vertici, il “sapersi muovere”» Non è una novità che spesso uomini facciano carriera più velocemente di donne più competenti e preparate di loro.
Per far sentire la nostra voce bisogna ricorrere quindi alle quote rosa, seguendo l’esempio degli Stati Uniti, presi spesso come modello di avanguardia e giustizia. Proprio lì senza le Affirmative Action, che tra le altre cose hanno aperto le porte all’istruzione di qualità per i neri, Barack Obama non sarebbe oggi presidente. «Se nel 2008 un report del World Economic Forum ci dava sessantasettesimi nel mondo in quanto a pari opportunità, adesso siamo scesi al settantaquattresimo posto. Questo non vuol dire che stiamo peggiorando, ma che gli altri vanno avanti più velocemente di noi, e che quindi è fondamentale intervenire in fretta». Il primo passo da fare? Aprire le porte del parlamento, in modo che un numero sufficiente di donne preparate e competenti prendano carico della questione in prima persona. Bisogna sperare che quelle che vadano a rappresentarci nel prossimo governo guadagnino le loro posizioni per meriti reali e non per equivoci meriti sul campo.
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