Dopo cinque giorni di occupazione e dopo aver ottenuto alcune delle richieste fatte all’amministrazione comunale, il movimento “#occupytrieste” lascia piazza Unità. Non è stata una scelta facile, ma sicuramente democratica, perchè uscita da una lunga assemblea pubblica, a cui hanno assistito anche moltissimi cittadini, che passavano per la piazza, o che appositamente hanno deciso di contribuire all’indignazione studentesca.

Inizialmente si è discusso sul proseguo della protesta e della necessità di un luogo dove poter ritrovarsi e discutere. Un luogo che però non escluda la cittadinanza, che si è dimostrata coinvolta e partecipe a modo suo. Quindi tra le prime ipotesi c’è stata quella di occupare la ex sede del Banco di Napoli in corso Italia, che oltre a essere un edificio centrale e funzionale per la portesta, ha anche un valore simbolico, essendo una banca e quindi bersaglio delle proteste degli indignati di tutto il mondo. Gli effetti legali però che deriverebbero da tale occupazione hanno frenato l’assemblea, che poi ha deciso per continuare la protesta su piazza, trasferendo la tendopoli in piazza della Borsa.

“Le tende sono un mezzo non un fine”, sostengono alcuni, però forse il movimento non è ancora così radicato da potersi permettere di abbandonare il campo e quindi nonostante il freddo e la pioggia in arrivo, hanno deciso di resistere e di prepararsi anche a manifestare contro le parate militari del 4 novembre in piazza Unità.

L’assemblea pubblica è stata un esempio di democrazia e di voglia di cambiamento molto forte, che ha visto anche la partecipazione attiva di molti cittadini, che si sono regolarmente messi in lista per dire la loro, definendo l’attività degli studenti una “manifestazione straordinaria”.

Non si sa quanto continuerà la protesta, quello che è certo, è che gli indignati triestini sono riusciti ad evitare che molte famiglie rimanessero al freddo nei prossimi mesi, perchè in difficoltà nel pagamento delle bollette di gas e luce. Un piccolo, ma concreto traguardo, che sprona i giovani a continuare il loro operato.

 
 
 
 
 

E’ la quinta giornata di occupazione pacifica in piazza Unità d’Italia a Trieste e nel pomeriggio, la polizia ha tentato di sgomberare la tendopoli, che si da venerdì rappresenta la protesta dei giovani studenti triestini. Incatenati tra loro con le braccia e con un forte spirito, hanno resistito allo sgombero, appoggiati anche dai cittadini, che si sono dimostrati solidali con il gruppo di protesta. A placare poi la polizia, posticipando lo sgombero di 24 ore, c’ha pensato il sindaco Roberto Cosolini, sceso in piazza per impegnarsi ad attuare almeno tre delle richieste del movimento. Abbiamo sentito Tommaso Gandini, portavoce della protesta triestina:

 
 
 
 
 

Dagli Stati Uniti all’Italia. La protesta e l’indignazione da New York supera l’Oceano e giunge a Trieste. Non c’è solo Occupy Wall Street, ma da venerdì ad essere occupata è anche Piazza Unità. Occupy Trieste quindi, un nome che vuole unire in un unico filo conduttore gli “indignados” triestini e quelli americani. Siamo alla terza notte di protesta, ma facciamo un passo indietro e ricostruiamo le vicende.

Gli studenti degli istituti superiori triestini avevano organizzato un’occupazione delle scuole martedì 25 ottobre contro i tagli e la grave situazione dell’edilizia scolastica (che è di competenza della Provincia). Voleva essere una simbolica liberazione dei luoghi d’istruzione per trasformali in spazi di formazione e crescita. Le forze dell’ordine lo hanno impedito, ma i ragazzi non si sono dati per vinti: hanno continuato la loro battaglia. Venerdì 28 ottobre 500 ragazzi hanno occupato pacificamente, nel pomeriggio, il Teatro Romano di fronte alla Questura di Trieste, poi la protesta si è spostata davanti alla sede della Provincia ineggiando a slogan come “Sos salviamo la scuola” e in serata hanno montato una cinquantina di tende in Piazza Unità decidendo di passare lì la notte. In piazza in mezzo ai ragazzi sono giunti il Prefetto Giacchetti, il quale ha concesso un incontro fissato per il 2 novembre, e nella mattinata di sabato il sindaco Roberto Cosolini che rivedrà gli studenti oggi pomeriggio. Non solo protesta in questa occupazione ma anche attività costruttive: hanno organizzato corsi autogestiti sulla manovra finanziaria, sulle energie alternative rinnovabili e sull’uso delle sostanze stupefacenti, si è discusso anche di controinformazione e di una nuova riforma della scuola. Il loro desiderio è quello di provare a sperare in un mondo diverso, in un mondo più vicino ai giovani, all’istruzione e meno al profitto (ma perché le due cose devono essere separate?, nda.).

Vogliono far sentire la loro voce. Gli “indignados” triestini spostano la protesta anche nella piazza virtuale di Facebook attraverso un gruppo nominato “occupytrieste” da cui lanciano le motivazioni dell’occupazione e le loro proposte per tentare di svoltare pagina almeno nell’ambito cittadino. Si sentono indignati come a Wall Street, in Spagna e in Val di Susa (Val di Susa?, nda.), si legge nel documento.

Tra le richieste, un centro sociale autogestito, trasporto pubblico gratuito, reddito di cittadinanza e opposizione al progetto dell’alta velocità. E ancora, una perizia edile delle scuole cittadine, in gran parte fatiscenti, dalle pareti instabili ai soffitti e tetti cedevoli. Chiedono inoltre, il rispetto della carta dei diritti del cittadino in formazione, che garantisca il diritto al sapere, tramite la garanzia di accesso ad ogni fonte culturale. Infine l’impegno per l’accesso garantito in base a reddito e alla condizione sociale a spazi abitativi attualmente esistenti per una giusta riassegnazione degli stessi e l’impegno per garantire tutti i servizi necessari ad una vita dignitosa, quindi la possibilità di avere luce e gas anche per chi non ha accesso a un reddito minimo.

Leggi e ascolta anche: Gli studenti indignati occupano piazza Unità d’Italia a Trieste - Il reportage, di Enrico Matzeu

 
 
 
 
 

Pulizia, rigore, grande tecnica, bellezza e virtuosismo, il tutto racchiuso in quattro lettere che ai più non diranno molto ma che agli estimatori richiamano ad uno dei “padri” del rinnovamento del balletto classico:NYCB, New York City Ballet. Ieri, 26 Ottobre, allo Stabile Rossetti è andata in scena l’unica tappa della famosa compagnia americana fondata dal noto coreografo George Balanchine. Due ore di spettacolo, rette dalla maestria dei “principals” (”primi ballerini”) che hanno portano in scena il repertorio più famoso della scuola e dei coreografi, Balanchine tra tutti, che l’hanno resa grande agli occhi del mondo. La “pulizia” tecnica di Apollo esaltata dall’assenza di scenografia per lasciare spazio alla maestria di Gonzalo Garcia, Ashley Bouder, Sara Mearns, Tiler Peck; la dedica, sempre del grande maestro, alle scuole di danza incontrate nel suo percorso artistico e professionale (Emeralds in Francia; Rubies negli Stati Uniti; Diamonds in Russia) di Diamonds (pas de deux), il tributo alla sua patria adottiva (gli U.S.A) con un’inusuale e giocosa sfilata del 4 luglio con Stars and Stripes per poi continuare con la sua “testimonianza artistica” con “Five variations on a theme” di Jerome Robbins e “After the rain” di Cristhopher Wheeldon per poi concludere, sempre con coreografie Balanchine, con “Who Cares?”. Una cronistoria, quella andata in scena nell’unica data del Rossetti, che ha raccontato “sulle punte”, ad un pubblico rapito, l’evoluzione del balletto classico del NYCB attraverso l’impronta lasciata dai suoi coreografi. Una testimonianza questa, così importante, da rendere il “City Ballet”, assieme al Mariinsky-Kirov di San Pietroburgo, il Bolshoij di Mosca e l’Opéra di Parigi, uno dei simboli della danza d’alto livello riconosciuto a livello mondiale.

http://www.nycballet.com/index.html

Viviana Attard

 
 
 
 
 

Si è svolto ieri sera nella nostra Università il Welcome day, serata organizzata dal Consiglio degli Studenti per dare il benvenuto alle matricole e agli studenti Erasmus. Clima tiepido, da felpina, ma la temperatura tra i ragazzi che affollano il piazzale interno dell’Ateneo è molto più elevata. Tramonta il sole, il banchetto del bar è assaltato da anime desiderose di stappare lattine e bere qualsiasi residuo di inibizione per lanciarsi in nuovi incontri che porteranno, chissà, a passioni o qualche sbadiglio. Pochi minuti dopo le 19 e i “nostri” Enrico Matzeu e Daniele Kovacic salgono sul palco per presentare il primo gruppo che animerà la folla. Kaiser Naif. Andrea Butkovic alla voce, Simon Assi alla chitarra. Musica sincera, viscerale, profonda, forse poco adatta per un aperitivo in musica ma sicuramente da risentire in un club con luci soffuse, fumo di sigaretta e un whisky&soda sulle labbra. Si prosegue. Figli dei Puff sul palco. Non pensate a cinque nanetti blu con mutande bianche, suvvia. Sono in realtà tre chitarre, un violino e una batteria: Niccolò Lillini, Lucy Passante, Michele Blasina, Giovanni Pesce e Matteo Viel. I ragazzotti ci sanno fare, note folk sputate sulle persone. Sono in Irlanda, il parcheggio si trasforma in un prato verde, vorrei improvvisare un ballo Ceili ma la mia dignità mi ferma. Torno a Trieste, la musica si interrompe. Pausa. Prendo una birra, mi guardo intorno. Incrocio sguardi, scambio parole. Che bella atmosfera che si respira tra gli studenti, anzi fuori dall’aula meglio chiamarli ragazzi, c’è voglia di condivisione, di dialogo, di confronto anche tra diverse culture e diverse lingue. Anche questo è Università, non solo lezioni e voti. Spazio di nuovo alla musica e ai Back Door Man, ovvero Kirk Zatarra, Valentino Gino Jr., Oliver Ax, Michael Papugo e Squalo. Concerto divertente il loro tra il rock’n'roll e il rockabilly, cassa dritta, gli accordi della chitarra vibrano nell’aria. In certi momenti, chiudendo gli occhi, la voce di Oliver Ax ricorda Fabrizio de Andrè. Il mood è quello giusto, i piedi si muovono e ci pensano i Barbariga Funky Band a non fermarli. Che botta di energia questo gruppo friulano formato da dieci persone, dieci strumenti tra fiati, percussioni, voci. Mi fanno venir voglia di pantaloni a zampa, basettoni e capelli cotonati. Il ritmo è funky e sexy. La gente salta, balla e si diverte proprio. Dopo questo tuffo nel passato la serata volge al termine ma c’è ancora tempo per muovere e far muovere il corpo: Dj Double G ai piatti e i bassi fanno tremare le casse. Le birre sono ormai troppe e prendo la strada di casa, canticchiando ancora qualche motivetto e ricordando le tante facce incrociate durante la serata.

 
 
 
 
 

Mentre al governo in questi giorni è in discussione il DDL sulle intercettazioni, che se approvato limiterebbe di fatto la libertà di stampa e quindi di diffusione di notizie, soprattutto nel mondo dei blog e dei social network, la più importante piattaforma del sapere libero, Wikipedia, ha bloccato la visualizzazione dei propri contenuti, nella versione italiana, per protestare contro la suddetta legge.
Una forma di protesta, che dovrebbe portare utenti e cittadini a mobilitarsi contro il disegno di legge voluto dall’attuale governo. Qui di seguite riportiamo quanto appare in queste ore nella homepage dell’enciclopedia.

“Cara lettrice, caro lettore,
in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c’è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.
Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue e gratuita.
Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.
Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l’obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.
Purtroppo, la valutazione della “lesività” di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all’opinione del soggetto che si presume danneggiato.
Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiederne non solo la rimozione, ma anche la sostituzione con una sua “rettifica”, volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l’intera pagina è stata rimossa.
L’obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell’Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l’abbiamo conosciuta fino a oggi.
Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell’onore e dell’immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall’articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.
Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all’arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per “non avere problemi”.
Vogliamo poter continuare a mantenere un’enciclopedia libera e aperta a tutti. La nostra voce è anche la tua voce: Wikipedia è già neutrale, perché neutralizzarla?

Gli utenti di Wikipedia”

 
 
 
 
 

Si legge sui quotidiani online, e poi la conferma facendo il giro di alcune bacheche dell’Università di Trieste, di un annunci che offrono stanze o appartamenti per studenti. La particolarità di questi annunci è che sono “vietati” a stranieri. Lo si legge in due articoli di Matteo Gerli per Triesteprima.it.


L’annuncio recita “Affitto posto in stanza doppia a 125 euro al mese, da ottobre 2011, regolare contratto”, con in fondo la scritta “No erasmus/no stranieri”. Dopo essere stato contattato telefonicamente, il ragazzo si è difeso dicendo “Non ho niente contro gli stranieri, è la mia proprietaria di casa che preferisce così, in passato ha avuto dei problemi, con bollette arretrate e conguagli che arrivavano quando gli Erasmus erano tornati a casa, quindi era impossibile o quasi rintracciarli, solo per questo mi ha pregato di aggiungere la scritta no stranieri“.
Pare che la questione sia molto più diffusa di quello che può sembrare. Trieste, pur essendo la culla della multietnicità e multiculturalità, cela queste sorprese molto spesso e in molti ambiti. È una cosa che ovviamente crea rabbia nelle persone che si sentono coinvolte da una forma di razzismo che non può venir sottovalutata.

 
 
 
 
 

E’ morta Amy Winehouse. La notizia viene data da Sky News nel tardo pomeriggio di un sabato di fine luglio. Ritrovata senza vita nella sua casa londinese di Camden Square. Un cocktail letale di droga e alcol. Se ne va così una grande cantante della musica rock inglese, dal successo internazionale. Uccisa probabilmente dagli eccessi, che hanno costellato tutta la sua vita e la sua carriera. Aveva debuttato nel 2003 con l’album “Frank”, per diventare in breve tempo una nuova regina del rock, una voce inconfondibile e unica, con un timbro più volte imitato senza successo. Il singolo “Back to black”, uscito nel 2006 è diventato presto una delle hit di maggiore successo. Amava la musica e le sue esibizioni lo dimostravano, anche se spesso si ritrovava ubriaca o drogata ai concerti, come l’ultimo, quello di giugno a Belgrado, fischiata dai suoi stessi fan per le condizioni in cui era salita sul palco.

Figlia di un padre ebreo di origini russe, nata a Enfield nel 1983, sin da piccola ha dimostrato una grande tenacia e spirito di ribellione. All’età di dieci anni infatti fonda un gruppo rap amatoriale chiamato “Sweet ‘n’ Sour, as Sour”. Lo descrive come la versione bianca ed ebraica delle “Salt-n-Pepa”. A tredici anni riceve la prima chitarra e già a sedici inizia a cantare come professionista.

La musica non l’ha mai abbandonata, così come purtroppo le droghe e l’alcol, che l’hanno più volte costretta a rehab e trattamenti, che a quanto pare non le sono stati sufficienti, per uscire dal tunnel, che l’ha portata al “buio”, da lei stessa cantato.

Se ne và a soli 27 anni, un’età che sembra insuperabile per i grandi del rock maledetto. Da Janis Joplin a Jim Morrison, da Jimi Hendrix a Kurt Cobain infatti la morte è arrivata presto, troppo presto, senza dar loro la possibilità di continuare a creare, comporre e suonare, facendoli però entrare nella memoria e nel cuore di milioni di amanti della musica di tutto il mondo. Anche Amy entrerà, suo malgrado, nella storia della musica e, ahimè, non solo per le sue note.

 
 
 
 
 

Imbrattata la bacheca con il manifesto contro l’omofobia all’Università di Trieste. Lista di Sinistra: “chiunque possa aiutarci ad identificare i colpevoli è pregato di contattarci”

È successo tra ieri pomeriggio e questa mattina. La bacheca vetrata di “Lista di Sinistra”, situata al piano terra dell’edificio principale dell’Università di Trieste, è stata imbrattata con uno spray nero nel punto in cui era esposto il manifesto “Civiltà. Prodotto tipico italiano”, che raffigura l’ormai famoso bacio gay, a tavola, davanti a dei prodotti tipici. Il manifesto era stato ripreso a livello nazionale dalla stessa grafica di quello che l’Arcigay di Udine e Pordenone avevano stampato e affisso nelle due città, in occasione dell’anniversario della locale associazione. Anche in quel caso non erano mancate polemiche, tant’è che i manifesti vennero tolti “da ignoti”.

I rappresentanti degli studenti di LdS scrivono su Facebook: “Prima ancora dell’attacco al contenuto della locandina, che rimane un ingiustificabile affronto al senso stesso di civiltà ed al rispetto dovuto verso chiunque, a prescindere dai propri gusti sessuali; riteniamo vile e squallido questo atto - si legge sul popolare social network - soprattutto in quanto lede il diritto di espressione e di divulgazione delle proprie idee”.

Secondo i rappresentanti “la violenza insita nel voler oscurare coattamente un messaggio di civiltà e di sensibilizzazione apposto nella nostra bacheca è proprio di altri tempi ed è indegno di una comunità civile! Esso appare tanto più disdicevole in quanto portato in essere all’interno di un luogo culturalmente aperto come l’università”. Fanno notare anche il fatto che “solo la bacheca della nostra Lista sia stata fatta oggetto di simile teppismo”. Considerando che la locandina in questione appare anche in altre bacheche, il fatto desta ancora più stupore.
Infine l’appello: “Intendiamo impegnarci affinché questo gesto venga perseguito ed invitiamo chiunque possa aiutarci ad identificare i colpevoli a contattarci”.

 
 
 
 
 

Per colpa di un benzinaio distratto, un distributore di Spilimbergo, nel pordenonese, ha regalato il pieno a numerosi automobilisti. Per un errore sull’impostazione dell’impianto di erogazione automatica, diverse persone sono riuscite a fare il pieno al proprio mezzo, con pochi euro. Al momento della chiusura serale pare che l’uomo si sia scordato di spostare i comandi dell’impianto sull’erogazione automatica. Da quel momento, quando il primo automobilista invece di vedersi erogare pochi euro di carburante, ha fatto il pieno di benzina, il tam-tam ha immediatamente diffuso la notizia e molte altre persone hanno raggiunto il distributore rifornendosi a piacimento. Il problema è stato scoperto più tardi da uno dei collaboratori dei titolari del distributore, che, notata una lunga coda di veicoli alla stazione, ha sistemato l’impianto. Prontamente, l’impiegato è riuscito ad annotare il numero di targa dell’ultimo automobilista passato, che i Carabinieri stanno già cercando di rintracciare. Si indagherà anche sulle altre persone che si sono rifornite indebitamente.