Gianni Rojatti è uno dei migliori chitarristi rock italiani. Nella sua carriera ha avuto l’onore di calcare palchi importanti con Pat Torpey dei Mr. Big e Gregg Bissonette (Santana, Joe Satriani, Steve Vai), aprendo ad artisti come The Aristocrats, Tosin Abasi, Paul Gilber, Elio & Le Storie Tese. Rojatti, ora chitarrista del duo strumentale Dolcetti, sponsorizzato da marchi come Ibanez e giornalista formatore per Accordo.it, non manca mai di esprimere il suo amore verso la musica e l’1 e il 2 agosto dirigerà il workshop di chitarra organizzato da Homepage Festival, all’interno del Festival di Majano.
Gianni che cos’hai in programma questa volta?
Mi piacerebbe coinvolgere i ragazzi che parteciperanno al workshop in un viaggio attraverso i generi musicali. A bordo della chitarra e senza discostarsi mai troppo da un linguaggio che è comunque quello rock, farli spaziare e giocare con vari generi: dal punk al reggae, passando per il blues, il metal, il progressive e il funk. Vorrei stimolare la curiosità di chi suona a capire che ogni genere musicale ha delle peculiarità, delle insidie. Appassionarsi a più generi e lasciarsi contaminare da più stili musicali possibili è la maniera migliore per trovare una voce propria e originale. Lavoreremo molto sulla tecnica, sul fraseggio e sulla teoria e cercherò di spronare i ragazzi a sviluppare questi aspetti in funzione della scrittura e produzione della propria musica, la cosa più importante. E poi, ovviamente, cercherò di suonare il più possibile assieme a loro.
Ma sarà un workshop per chitarristi già avviati?
No. L’unica condizione è che i chitarristi che partecipano siano chitarristi elettrici. Per il resto, dividerò i partecipanti su più livelli così da offrire a tutti argomenti adeguati al loro livello di preparazione. Ci saranno delle ore di partecipazione collettiva come quelle nelle quali si faranno degli ascolti guidati, si parlerà del suono e si suonerà insieme.
Toglici una curiosità: quanto si può migliorare in un workshop di 12 ore?
Moltissimo. Si possono correggere errori di impostazione, imparare scorciatoie esecutive, chiarire dubbi teorici e ottimizzare il proprio suono: tutti aspetti che immediatamente portano benefici al proprio modo di suonare. Ma soprattutto apprendere e sentire cose nuove, confrontarsi con altri chitarristi, suonare con il proprio insegnante possono riempire un musicista di stimoli ed entusiasmo che sono l’incentivo migliore per studiare e quindi migliorarsi. Raccomando a chi parteciperà di prendere appunti e registrare: si garantirà materiale di studio per mesi.
Parliamo di te ora. Quando hai iniziato a muovere i primi passi con una chitarra in mano e quando hai capito di avere un potenziale?
Ho iniziato da adolescente. Andavo pazzo per il punk e i primi accordi me li insegnò Masbo, cantante dei Dodi & i Mondodi che era la rock band più famosa della Udine di quegli anni. La prima canzone che imparai a suonare fu “Anarchy in The UK” dei Sex Pistols. Ebbi la bella idea di suonarla e cantarla al campeggio estivo della parrocchia col risultato di farmi rispedire a casa. Restai sinceramente colpito dal potenziale sovversivo e molesto che una chitarra e una manciata di accordi potevano creare! Da lì in poi non l’ho più mollata. E l’ho studiata tantissimo. Più che un potenziale, da un certo punto in poi ho realizzato che non c’era niente che mi rendesse felice quanto starmene con una chitarra elettrica in mano.
Rispetto a quando hai iniziato, com’è cambiato secondo te il mondo della musica, in particolare quello del rock? È in una parabola discendente o ci sono ancora basi per fare bene?
Oggi come allora, la musica di qualità è sempre apprezzata. Certo che ci sono le basi per fare bene! Il rock e la chitarra sono in continua evoluzione. La tecnologia è sempre più alla portata di tutti e questo deve stimolare la creatività, incentivare la voglia di sperimentare, di mescolare tra loro generi e attitudini.
Oggi un giovane chitarrista si trova davanti numerosi strumenti che gli possono facilitare il compito, ma allo stesso tempo sembra essere molto complicato campare con la sola musica, soprattutto in Italia. Qual è il tuo consiglio per coronare il proprio sogno?
Io auguro ai ragazzi di suonare la musica che amano. E di essere capaci di scrivere e suonare le cose che li emozionano e li rendono felici. Questo è il sogno che con la mia esperienza e le mie lezioni voglio aiutare a realizzare. In questo dato momento storico meglio un musicista che magari ha anche un altro lavoro - o che addirittura lo fa semplicemente per passione - ma che quando suona è appagato da quello che fa ed è realizzato, piuttosto che uno che, pur di campare di musica , accetta di suonare cose che non lo gratificano se non addirittura scadenti.
Le iscrizioni al workshop, che si divide in due giornate da 6 ore l’una, sono ancora aperte. Il costo di partecipazione è di 80€. Per iscriversi bisogna scrivere a [email protected].
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