Martín Caparrós per La fame (Einaudi); Jonathan Crary per 24/7 Il capitalismo all’assalto del sonno (Einaudi), Kamel Daoud per Il caso Meursault (Bompiani); Alessandro Leogrande per La frontiera (Feltrinelli) e Lawrence Wright per La prigione della fede (Adelphi). Sono questi i cinque finalisti del Premio letterario internazionale Tiziano Terzani 2016, riconoscimento promosso dall’associazione culturale vicino/lontano di Udine e dalla famiglia Terzani, che giunge quest’anno alla sua 12esima edizione.
La giuria, riunitasi nei giorni scorsi a Firenze a casa Terzani, ha selezionato i titoli da cui emergerà il vincitore del Premio Terzani, che verrà consegnato nella serata di sabato 7 maggio, nel corso del Festival Vicino/Lontano. «Cerchiamo ogni anno – commenta Angela Terzani, presidente della giuria – di candidare al premio opere che servano a fare luce sui retroscena umani, storici o politici delle questioni di maggiore attualità nel mondo. Questo, per restare fedeli allo spirito di Tiziano - alla cui memoria il premio è dedicato - che ha sempre voluto tentare di capire, e far capire, ciò che avveniva di là dai nostri orizzonti».
Andando nel dettaglio di questa rosa finale di candidati, si scoprono autori diversi, per tematiche e sensibilità, ma egualmente impegnati nel raccontare le ombre della nostra attualità. Troviamo Martín Caparrós, giornalista e scrittore argentino dal profilo assai eclettico. Il suo ultimo, La fame (Einaudi), affronta in un articolato reportage una delle maggiori sfide del nostro tempo: la denutrizione, che per motivi diversi - guerre, siccità, indigenza, emarginazione - attraversa diversi paesi. A un altro problema del nostro tempo è dedicato il breve ma densissimo saggio di Jonathan Crary, docente di Modern Art and Theory alla Columbia University: il suo 24/7 Il capitalismo all’assalto del sonno (Einaudi) è una riflessione che combina riferimenti filosofici, esperimenti scientifico-militari, analisi di film e opere d’arte, per dare forma a un’antropologia critica della contemporaneità, denuncia senza sconti dei devastanti effetti sulle nostre vite del mantra della produttività. Kamel Daoud, algerino, ha scritto invece Il caso Meursault , romanzo dove - a settant’anni di distanza - l’autore si immagina un seguito ideale de Lo Straniero di Camus, invertendone la prospettiva e attualizzandone lo scenario storico. Un altro nodo cruciale dell’oggi – l’epopea delle migrazioni – è affrontato dal libro di Alessandro Leogrande. Il suo La frontiera (Feltrinelli) allude a una linea immaginaria eppure dolorosamente concreta: la frontiera che separa e insieme unisce il Nord e il Sud del mondo, tra cui si consumano migrazioni e respingimenti, e là dove si combatte oggi per vivere o per morire. Infine Lawrence Wright, fra le firme più autorevoli del New Yorker, che nel suo La prigione della fede. Scientology a Hollywood (Adelphi) compie una superba inchiesta sulla discussa organizzazione fondata nel 1954 da Ron Hubbard, che proprio pochi mesi fa ha inaugurato a Milano una faraonica sede da 10mila metri quadrati.
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