Anche quest’anno il Politeama Rossetti è andato a colpo sicuro per l’inaugurazione del cartellone danza, accogliendo sul proprio palco Lindsay Kemp, il maestro della danza contemporanea che da 50 anni continua ad influenzare la cultura underground con la sua innovazione e il suo carisma.
Come si aspettavano quanti conoscevano questo artista, Kemp Dances non è stato uno spettacolo di danza, ma piuttosto uno show di musica, recitazione e danza con cui il regista, coreografo e ballerino ha stupito nuovamente tutti i suoi fan. Tra i cinque ballerini della compagnia Kemp si è assunto il compito di aprire lo spettacolo, presentandosi nei panni grotteschi di una Traviata calva e tragicomica. Pochi minuti e la sintesi fra i diversi linguaggi teatrali che caratterizza il suo stile è già evidente: cabaret, musical, coreografia e soprattutto mimo sono le basi della poesia gestuale che lo contraddistingue e che gli permette di raccontare storie.
Questa volta sul palco non abbiamo trovato una vera trama, ma sette brani che presentano il continuo mutare della vita dalla malattia alla follia, passando per l’amore e la natura. Ad accompagnarlo sul palco quattro straordinari artisti che creano con lui uno spettacolo potente e suggestivo: David Haughton, Luciano Guerra, James Vanzo e Daniela Maccari, la più applaudita dopo Kempt ed apprezzata dal pubblico soprattutto per l’interpretazione del cigno.
Evidente in tutti gli interpreti la ricerca della perfezione nei movimenti, curati fino i minimi dettagli proprio per l’importanza ricoperta dall’arte mimica, e la forza e l’energia dei gesti e delle pose. Se la base da mimo che contraddistingue Kemp è ancora ben presente, a sorprendere il pubblico è stata la scelta minimale di costumi e scenografie, distanti dagli eccessi e dall’imponenza scenica tipiche di questo artista. L’essenzialità della scena è però stata equilibrata dall’utilizzo di musiche dense di emozioni, e dal sapiente uso delle luci, che hanno permesso di raccontare le storie ed esprimere i vari personaggio senza limite alcuno.
Kemp non ha però rinunciato alla magia, soprattutto nell’interpretazione del ballerino Nijinskij, ormai impazzito e internato in manicomio. Consapevole che il suo fisico ultrasettantenne non gli offre più la possibilità di eseguire acrobazie e virtuosismi, Kemp utilizza questa parte dello spettacolo per riempire di emozioni gli spettatori con il suo stile minimale: grazie alle sue abilità di mimo, all’espressività del suo volto e all’energia racchiusa anche nei più piccoli gesti una semplice camminata diventa poesia, dimostrando che la sua danza è senza tempo e senza età.
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