Per la prima volta dopo 97 anni, l’Albero isolato o di Doberdò, come lo chiamano gli ungheresi, è tornato nel luogo in cui era cresciuto. Per due mesi, infatti, dal 30 marzo al 2 giugno del 2013, il tronco rinsecchito del gelso che per i magiari è simbolo di resistenza e della sofferenza estrema patita sul Carso durante la prima guerra mondiale, è stato l’attrazione principale della mostra “Il poeta e l’Albero isolato. A költő és a Doberdó-i fa”, allestita nel piccolo borgo di San Martino del Carso, in provincia di Gorizia, per iniziativa del Gruppo speleologico carsico e dell’Associazione Meritum della città ungherese di Szeged. L’esposizione, dedicata al poeta soldato Giuseppe Ungaretti, si è chiusa il 29 giugno, proprio il giorno in cui avvenne il primo lancio, nel 1916, dei gas asfissianti dal monte San Michele.
Il tronco chegli ungheresi indicano come l’“Albero di Doberdò”, intendendo con tale denominazione non solo la località, ma l’ampio territorio lungo l’Isonzo che fu teatro degli scontri più sanguinosi sul fronte meridionale, è per gli szegedini simbolo e memoria della Grande Guerra. Definito dall’arciduca Giuseppe, comandante del VII Corpo, come «l’albero dei miei soldati del 46°, una reliquia tanto gloriosa, alla quale sono attaccato come al più grande dei miei tesori», oggi il tronco ricoperto da nastri tricolori (il biancorossoverde della bandiera magiara), viene visto come emblema del valore di un popolo,quello ungherese per l’appunto. Il 46° reggimento di Szeged arrivò sul fronte italo-austriaco alla fine del giugno 1915 e venne schierato davanti a San Martino, perdendo in quel periodo, l’estate del 1915, 2.300 uomini su un totale di 2.700, per effetto dei bombardamenti italiani. L’albero che si ergeva sulla collina, nei pressi della chiesa del paese di San Martino, venne segato e portato in Ungheria durante la ritirata del 1916. Il suo arrivo a Szeged, il 10 luglio, fu un avvenimento per la città.Fino al 1945 ebbe una posizione centrale nel museo cittadino. Dopo quella data, però, con il nuovo regime comunista il tronco finì nel solaio del museo.Venne esposto di nuovo soltanto nel 1986, alla Casa Nera di Szeged, nella mostra permanente dove si trova tuttora.
Quello che per gli italiani era, invece, l’”Albero isolato”, diede il nome all’omonimo valloncello che scende verso il fiume Isonzo, dove il 27 agosto 1916 Giuseppe Ungaretti scrisse la sua poesia San Martino del Carso. San Martino venne occupata dai reparti italiani dal giugno 1915 all’agosto 1916, molti furono gli uomini che combatterono e molte furono le perdite, circa 110.000. Tra questi combattenti c’era un “soldato ma poeta”, come egli stesso si definiva, Giuseppe Ungaretti. Il poeta era all’epoca fante del 19° reggimento della brigata Brescia e trascorse tra la fine del 1915 e l’autunno del 1916 lunghi periodi nelle trincee tra San Martino e il monte San Michele. Sopravvissuto al conflitto, sarebbe ritornato sul Carso nel 1966, ormai anziano, e a distanza di anni avrebbe così sintetizzato la sua esperienza: «Posso essere un rivoltoso, ma non amo la guerra. Sono anzi un uomo della pace. Non l’amavo neanche allora, ma pareva che la guerra si imponesse per eliminare la guerra. Erano bubbole, ma gli uomini a volte s’illudono e si mettono dietro alle bubbole». L’albero è oggi simbolo nuovo dell’amicizia italo-ungherese, grazie anche alla collaborazione di molte istituzioni e associazioni italiane e ungheresi.
di Eva Vuch
Per saperne di più:
Catalogo della mostra San Martino del Carso. Il poeta e l’Albero isolato/A költő és a Doberdó-i fa, 30/3-29/6/2013 (in italiano e ungherese)
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