A tu per tu con il fumettista Bigio

A tu per tu con il fumettista Bigio

Tra i numerosi ospiti presenti al Triestebookfest abbiamo deciso di intervistare per voi un poliedrico, simpatico, irriverente e fantasioso fumettista (ma anche scrittore, sceneggiatore e creatore di giochi da tavolo). Si tratta di Luigi Cecchi, in arte Bigio, il creatore di Drizzit e The Author. Ecco cosa ci ha raccontato!

Per provare a conoscerti meglio abbiamo spulciato il tuo vecchio blog in cui ti sei presentato in maniera molto efficace, ma attraverso un testo scritto. Hai la stessa facilità nel trasmettere quello che sei con i disegni?
Oddio, non lo aggiorno da un anno! (non è vero, da dicembre NDR) La difficoltà in realtà è presentarsi – dice ridendo – quando partecipo a fiere o altri eventi mi chiedono spesso di mandare una biografia e una foto…io l’ultima foto che ho è del ’92! Faccio foto, ne ho moltissime nel mio account Flickr, ma mai alla mia faccia! Allo stesso modo non ho una biografia, quindi ogni volta scrivo, essenzialmente, delle cazzate in modo ironico. Parlare di me è una cosa che ho imparato ad evitare. Molti miei colleghi fumettisti sono diventati famosi anche per l’essere dei personaggi, per la loro immagine. Io non voglio una cosa simile.

Ma in uno dei tuoi fumetti sei anche il protagonista…
Sì! Ma è un po’ come Zerocalcare se vuoi, io dubito che la nonna di Zerocalcare sia una volpe rossa – dice ridendo - è chiaro che lui dà un’immagina di sé filtrata attraverso metafore. Io di solito non parlo di me stesso, ma chiunque scrive mette una parte di sé nel protagonista. Accade anche in Drizzit, per quanto sia un mondo ben lontano dalla realtà. È impossibile non presentarsi nelle proprie opere ma, per tornare a quanto dicevamo prima, è più facile descrivere una cosa che sé stessi, quindi è decisamente più facile farlo tramite fumetti.

A proposito di fumetti! Sono composti da trama, disegni, dialoghi. Non ti chiedo in cosa sei più forte perché presumo sia il disegno, quindi qual è il tuo punto debole?
Qui ti sbagli (ride, ndr), è tutto il contrario invece. Io sono un completo incapace a disegnare, basta guardare le prime strisce che ho pubblicato nel 2010: non sapevo reggere in mano una penna. Oddio, non facevo così schifo a disegnare, anche a scuola i miei scarabocchi piacevano, ma con la tavoletta grafica non riuscivo a tirare nemmeno una linea dritta. Giuro, le prime strisce ne sono la prova! In realtà il mio disegno è andato migliorando in questi 5 anni con tanta pratica. La cosa in cui credo di cavarmela meglio, ma non dovrei essere io a dirlo – aggiunge ridendo – è la scrittura. Io sono nato come scrittore e creavo racconti già quando ero all’università. Il fumetto ha però preso piede più rapidamente…ha avuto più impatto! Per assurdo mi trovo con un primo libro pubblicato solo quest’anno, una raccolta di racconti alcuni dei quali scritti ancora prima di cominciare a disegnare.

Il passaggio dai racconti ai fumetti a cos’è dovuto? Passione, voglia di provare qualcosa di diverso o desiderio di distinguersi?
In realtà attraversavo un periodo in cui avevo terminato l’università e lasciato il lavoro perché non mi ci trovavo proprio. Per un anno sono stato il classico trentenne disoccupato italiano con nulla da fare. Sono passato in un negozio di elettronica, ho visto la tavoletta grafica e mi sono detto dai proviamo! Il resto è stato una spirale: caricavo una striscia sul blog, un mio amico diceva che era una figata. Allora ne creavo un’altra e i complimenti diventavano tre, e così via.

Tu non ti occupi però di soli fumetti ma anche di sceneggiature e giochi da tavolo. Ti è mai capitato di renderti conto a metà lavoro che stavi riproponendo qualcosa di già fatto?
Secondo me il parametro di originalità di un’opera è sopravvalutato: se sapessi riscrivere la Divina Commedia meglio di come ha fatto Dante lo farei. Come diceva la mia insegnate di lettere classiche però: dopo Omero, Virgilio e Dante nessuno ha inventato nulla! Che bella mazzata per iniziare…io parto dall’idea che se quello che sto realizzando non l’ho già letto da qualche parte è per ignoranza mia. Senza dubbio qualcuno lo ha già proposto, io posso solo scriverlo al meglio delle mie possibilità.

Ultima domanda. Che studi hai fatto e credi ti abbiano aiutato?
Guarda, io come tutti i veri grandi artisti…ho fatto biologia! – ride - Conosco moltissimi colleghi che hanno studiato scienze. Credo che ci sia un risvolto positivo nell’avere una formazione scientifica e poi andare a fare un lavoro creativo. Nel mio caso la scrittura si posa su basi solide, ossia la consapevolezza della realtà. Materie di questo tipo ti entrano nel sangue e ti danno una visione del mondo diversa da chi, ad esempio, ha solo formazioni letterarie. Posso dire che di libri ne ho letti moltissimi? Anche se approfonditi in maniera diversa rispetto a quanti hanno scelto formazioni differenti dalla mia. Ad ogni modo una visione simile credo aiuti anche nella creazione di un mondo surreale: se voglio un mondo con un sole viola, so di che colore dovrebbero essere le foglie delle piante. Anche il mio analista ne è convinto – conclude ridendo.