Molti sono i nostri compagni di studi caduti nel tentativo di capire come, se e quando intraprendere i master universitari. Molti dei dubbi sembrano provenire da una generale confusione che si è creata in ambito europeo a seguito del processo di Bolgona, tramite il quale si è proceduto ad armonizzare il valore delle lauree a livello comunitario. Per cominciare con il piede giusto direi di distinguere inizialmente tra stage e master. I primi sono degli inserimenti in aziende con i quali lo studente traspone le sue conoscenze teoriche in un atto pratico all’interno di una realtà organizzativa complessa, esperienza che può poi sfociare in un’offerta di lavoro vera e propria. Per quanto riguarda i master invece, si parla di dei veri e propri corsi universitari, volti a garantire una formazione professionale specifica allo studente, solitamente a pagamento. Il master si compone di due fasi, quella dei corsi, che solitamente non prevedono esami ma piuttosto dei “compiti a casa” e delle relazioni finali una volta completato il corso, ed una seconda fase di tirocinio, con la quale si avvicina lo studente ad un possibile futuro impiego.
Ad ogni modo, il master è senz’altro un modo per assicurarsi un futuro più roseo, come dimostrano diversi studi che evidenziano come coloro i quali riescano a conseguirne uno abbiano un tasso di occupazione nel mondo del lavoro ed un reddito superiori rispetto alla media dei laureati magistrali. Essendo ormai ben oltre alle soglie del diritto allo studio, i master universitari sono praticamente tutti a pagamento e costano parecchio. A quest’ultima considerazione non c’è alcun rimedio se non le borse di studio che, pur essendo poche, vengono assegnate di norma ai primi classificati nelle liste degli ammessi, in un procedimento che può essere accusato di tutto ma non di scarsa meritocrazia. I master si dividono di norma tra quelli di primo e quelli di secondo livello, legandosi da una parte al solo possesso della laurea triennale, mentre dall’altra all’ottenimento del titolo magistrale.
Piccola nota a margine di questa esplorazione nel magico mondo degli studi post-lauream è la differenza terminologica alla quale si va immancabilmente incontro quando si vuole portare il nostro master all’estero. Se infatti da noi corrisponde al latino “magister“, nelle terre anglosassoni sta invece ad indicare l’italiana laurea di secondo livello. Volendo tentare una traduzione, i più si affidano alla definizione Post-graduates courses, con tutta una serie di ramificazioni. Nel nostro paese ad ogni modo il master è spesso il trampolino di lancio per poter raggiungere il dottorato di ricerca (Ph.D per i sudditi di Sua Maestà e non solo).
Ad ogni modo bisognerebbe considerare i master come un investimento personale, sul proprio futuro e la propria preparazione. Essendo una scommessa, vanno intrapresi con la giusta ponderazione, considerando che comportano alti costi (senza contare quelli da aggiungere nel caso sia necessario cambiare città) e un grande impegno in termini di tempo. Si sconsiglia pertanto di optare per l’opzione studente lavoratore, così da assorbirne al massimo i contenuti, che si concentreranno in particolare sull’aspetto pratico del futuro lavoro, soddisfando tutti coloro che per anni si sono lamentati dell’eccessiva teoricità dei corsi dei nostri atenei.
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