L’esperienza ambientalista di Riverwalk

L’esperienza ambientalista di Riverwalk

Abbiamo intervistato tre dei sei studenti dell’UniTS - Jennifer Mori, Aris Milani, Andrea Scudera, Chiara Toffolo, Gaia Tomassini e Margherita Lucadello - che hanno preso parte al progetto Riverwalk, che intende portare l’attenzione sulla situazione dei nostri fiumi (per maggiori informazioni, è possibile consultare il sito del CIRF, il Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale). Si riporta la descrizione fornita da Margherita Lucadello.
“Si tratta di un progetto europeo Erasmus + chiamato Riverwalk, promosso dal WWFTrieste e sponsorizzato dal WWFAustria con l’aiuto dell’organizzazione Save the Soča. Il Riverwalk è alla sua seconda edizione e il suo scopo è quello di: mettere in risalto e aiutare a preservare l’ultimo 10% dei fiumi alpini rimasto naturale poiché non ancora toccato dall’uomo. È durato 12 giorni in cui 20 ragazzi austriaci, sloveni e italiani hanno percorso 150 km dal Lago di Cavazzo a Tolmino a piedi Durante il percorso si sono fatti diversi workshop sul tema, si è fatta pubblicità al progetto (l’ultimo giorno c’è stato l’incontro con alcuni media sloveni), inoltre, oltre ad attività che valorizzassero l’utilizzo fluviale come il kayak, o il fly fishing, si sono susseguiti incontri con esponenti delle comunità locali. Tra questi figuravano i responsabili del monitoraggio e della preservazione di tali zone, come il presidente del Parco Nazionale delle Prealpi Giulie e il dottor Crivelli, massimo studioso della fauna ittica presente nel Soča. Per sapere cosa è stato fatto ogni giorno è possibile leggere blog.”
Un progetto di rilevanza ecologica, sociale e anche storica, in quanto il gruppo ha attraversato a piedi gli stessi luoghi dove, cent’anni prima, si è consumata la Prima Guerra Mondiale.

Cominciamo con le presentazioni: chi siete, cosa fate? Hobby?
Gaia.
  Mi chiamo Gaia Tomassini, ho 21 anni e studio Giurisprudenza a Trieste. Di hobby ne ho tanti, i principali sono la corsa e la scrittura di racconti brevi.
Margherita.  Sono Margherita Lucadello e ho 23 anni. Studio biologia all’Università degli Studi di Trieste. La cosa che preferisco fare? Viaggiare! Vedere, conoscere, ascoltare cose e persone nuove.
Aris.  Mi chiamo Aris Milani, ho 25 anni e studio Ingegneria Navale all’UniTS. I miei hobby più grandi sono il karate e la montagna.

Vi conoscevate già prima di prendere parte al progetto?
Gaia.
 No, non conoscevo nessuno dei partecipanti prima di partire.
Margherita.  Sì, alcuni di noi si conoscevano già tra loro. Per il resto sono state tante nuove e piacevoli conoscenze!
Aris.  Non conoscevo nessuno dei partecipanti, escluso ovviamente per la mia fidanzata Jennifer visto che anche lei ha preso parte al progetto.

Da dove venivano i partecipanti e come erano divisi i gruppi? Come erano gli esperti che vi seguivano?
Eravamo un gruppo di 21 persone, tre gruppi di 7 provenienti da Austria, Italia e Slovenia. Gli esperti che ci seguivano – uno per “delegazione”- provenivano da ambienti quali il WWF, Legambiente e l’associazione Save the Soča. Diciamo che erano appassionati della montagna e della natura che avevano messo a disposizione le loro conoscenze. Sono stati molto bravi a gestire e insegnarci ad autogestire un gruppo grande come il nostro per un periodo tanto lungo.

Come era strutturato il percorso?
Il percorso era diviso in due, una prima parte in territorio italiano e una seconda in Slovenia. Siamo partiti dal lago di Cavazzo, abbiamo attraversato la valle di Resia e all’altezza di Uccea abbiamo oltrepassato l’ex confine. Da lì abbiamo proseguito seguendo il Soča, che poi entrando in Italia prende il nome di Isonzo e sfocia vicino a Monfalcone. Durante il viaggio siamo passati per Žaga, Kobarid/Caporetto, e siamo infine arrivati a Tolmino.
Per dormire “ci siamo arrangiati”, nel senso che mentre in alcuni posti – Cavazzo, Prato di Resia, Kobarid/Caporetto – abbiamo avuto un campeggio ad aspettarci, da altre parti abbiamo montato la tenda e abbiamo dormito sotto le stelle.
Inoltre durante tutto il tragitto abbiamo mangiato solo cibo proveniente dalle località in cui ci trovavamo e cercato di avere uno stile di vita il più eco-sostenibile possibile

Come vi siete preparati al viaggio? E’ stato un percorso difficile? Eravate già allenati per un cammino simile?
Ci avevano detto di allenarci un po’ prima della partenza, con qualche corsa e camminata. Secondo me (Margherita, ndr) qualche tratto per qualcuno fuori allenamento sarebbe stato un po’ difficile. Ad esempio i 50 km in bicicletta il secondo giorno, con molti tratti in salita, sono stati duri. Per il resto, un percorso fattibile per chiunque ami camminare a lungo.

Aneddoti divertenti da raccontare? Qualche “incidente” di percorso?
Gaia. I momenti più divertenti per me sono stati il kayak e il fly fishing, dove non si può dire che abbia brillato –il pesce ha abboccato tre volte e tre volte l’ho perso…- ma sicuramente mi sono divertita. Incidente di percorso: quando ho incontrato un pino sulla curva di un fiume in sella ad un kayak. E sono finita a testa in giù.
Margherita. Ogni mattina, all’alba, cantavamo il saluto al sole, mentre tra un caffè e l’altro qualcuno si tuffava nel fiume gelato a fare la doccia.
Aris. Fare la doccia nel torrente gelato, lontano da tutto e da tutti è stato un momento unico, anche se faceva un freddo incredibile! “Incidenti” ne sono successi tanti, ma li abbiamo superati tutti brillantemente.

Chi faceva parte del gruppo di italiani? Erano tutti studenti?
Eravamo sei studenti, tutti dell’università. Tre di noi – Chiara , Margherita e Andrea – studiano discipline legate all’ambiente, Jennifer studia Economia, Aris Ingegneria e Gaia Giurisprudenza.

Come avete raccolto i dati e con quali istituzioni avete parlato?
Abbiamo parlato con i responsabili del Parco Regionale Naturale delle Prealpi Giulie, con dei membri del gruppo di fly fishing di Tolmino (grandi sponsor dell’iniziativa) e con l’associazione Save the Soča. I dati sono stati forniti da loro.

Com’è stata la reazione e l’accoglienza per il vostro lavoro da parte della popolazione, dei turisti e delle istituzioni?
Purtroppo non c’è stata molta integrazione tra noi e la popolazione, ma chi è venuto a conoscenza dell’iniziativa ne era entusiasta. Per esempio nelle prime giornate di campeggio, alcune persone hanno assistito alle “conferenze” tenute dai membri di Save the Soča e si sono fermate poi a discuterne i temi con noi.

Pensate che sia importante sensibilizzare la popolazione sullo stato dei fiumi? Qual è l’attuale condizione dei fiumi che avete percorso (e in generale in Italia)?
Pensiamo che sia importante, anche perché la condizione attuale non è sicuramente delle migliori. Il Tagliamento, che abbiamo percorso nel tratto italiano, è molto sfruttato e “violato”, mentre il Soča è già più protetto, essendo considerato praticamente il fiume nazionale sloveno.

Pensate che non ci sia abbastanza interesse nel nostro Paese in merito a questo argomento? Pensate che all’estero sia tenuto in maggior considerazione?
Secondo noi dovrebbe esserci maggiore consapevolezza in Italia riguardo alla situazione attuale dei nostri fiumi e, purtroppo, non crediamo che da altre parti al momento la condizione idrica sia una priorità.

Quale potrebbe essere, secondo voi, un modo per aumentare l’attenzione dei giovani, delle istituzioni e della popolazione in generale in merito all’ambiente?
Progetti di questo genere, magari con maggior interazione con la popolazione locale, sono il modo migliore per rendere consapevoli le persone. Quando si tocca con mano un problema lo si sente molto più vicino.

Pensate di imbarcarvi nuovamente in un progetto simile?
Speriamo tutti di sì!

Marta Zannoner

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Prima o poi la troverò una frase accattivante da scrivere. Forse.